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L’insalata di rinforzo napoletana

Napoli, vigilia di Natale: le vongole messe a spurgare, il baccalà oramai pronto dopo i tre giorni di ammollo (noi diciamo messo a spugnare), il miele degli struffoli, gli ultimi ritocchi al presepe; sono i tanti riti della tradizione che s’intrecciano nella lunga giornata del 24 dicembre e fra questi non può mancare quello della preparazione dell’insalata di rinforzo.

L’odore pungente dell’aceto delle papaccelle messe in bella mostra al centro della cucina si mischia a quello deciso del cavolfiore bollito già di primo mattino: perché l’insalata di rinforzo deve riposare almeno 12 ore prima di essere gustata come si deve, meglio ancora se si prepara il giorno prima. Al cavolfiore bollito, solo 10 minuti, ci aggiungiamo la scarola riccia e condiamo bene con olio, aceto, sale e pepe. Poi ci aggiungiamo ancora le papaccelle tagliate a pezzetti, le olive verdi e quelle nere (di Gaeta però), acciughe dissalate e capperi e qualche altro pezzetto di sottaceti misti (leggi la ricetta completa dell’insalata di rinforzo).

Su questa ricetta di base, ogni famiglia apporta le proprie variazioni, togliendoci magari la scarola, altri invece aggiungono (dopo la notte delle vigilia) i pezzi di baccalà e capitone rimasti. Già, perché questa insalata si prepara alla Vigilia, ma poi accompagna tutto il periodo natalizio, aggiungendo man mano gli ingredienti che sono stati consumati nei giorni precedenti. E l’aceto ne garantirà la conservazione.

Forse per questo motivo si è diffuso il luogo comune che questa insalata si chiama di rinforzo, perché ogni giorno si integra con nuovi ingredienti, ma le cose stanno diversamente e, per capirlo, dobbiamo tornare indietro di un paio di secoli, al Cavalcanti, per ritrovare una insalata natalizia molto simile, la caponata, che è la progenitrice di quella attuale  e veniva preparata per rinforzare la cena di magro (leggera) che la tradizione religiosa imponeva per la vigilia di Natale.

Per chi volesse saperne di più c’è un articolo di approfondimento con la ricetta completa, la storia dell’insalata di rinforzo ed il significato del nome.

Altri articoli interessanti:
» La cucina napoletana
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» Il menù di Natale

Le papaccelle

Le papaccelle

Le papaccelle

Le papaccelle sono un tipo di peperone dalla polpa soda e carnosa, dal profumo inteso e dal sapore dolce, riconosciuto prodotto agroalimentare tradizionale della regione Campania.
La papaccella viene spesso cucinata per accompagnare piatti a base di carne di maiale, ma il suo impiego più tradizionale è sotto aceto, come uno dei principali ingredienti della tradizionale insalata di rinforzo.

Nell’articolo di approfondimento sulle papacelle troverete maggiori informazioni ed una guida su come fare le papaccelle sotto aceto.

» Le papaccelle

» La ricetta dell’insalata di rinforzo

Pizza Village 2012, Napoli

E’ in corso a Napoli dal 6 al 9 settembre, sul Lungomare Caracciolo la seconda edizione del Pizza Village, la festa della pizza.

La manifestazione è  rivolta sia agli operatori del settore che al grande pubblico: il lungomare si trasforma per l’occasione nella più grande pizzeria del mondo, in un villaggio animato dalla presenza di 36 tra le più rinomate pizzerie napoletane e da musica, cabaret, laboratori, performance sportive e spettacolari.

Maggiori informazioni sono disponibili ai seguenti link:

www.portanapoli.com/Ita/Napoli/pizzafest.html

www.pizzavillage.it

Pasta e piselli.

Sugo con piselli freschi e salame napoletano

Sugo con piselli freschi e salame napoletano

Pasta e piselli.

Tubettini con piselli

In foto una variante della pasta e piselli con salame; riporto brevemente la preparazione e gli ingredienti.

Sgranare i piselli,  in una padella mettere l’olio e la cipolla tritata, portarla sul fuoco e lasciarla soffriggere per qualche minuto, quindi unire i piselli freschi ed  il salame; trascorso il tempo di cottura dei piselli aggiungere dell’acqua poi versare la pasta nel sugo con un pizzico di sale.

Ingredienti

pasta (tubettini o spaghetti spezzati)

piselli freschi

salame napoletano

cipolla

peperoncino

olio

Friarielli

I friarielli sono la variante napoletana dei broccoletti, anche detti cime di rapa. E’ una verdura tipicamente invernale, dal sapore amarognolo e dai molteplici usi in cucina. Io la mangio spesso come contorno, essendo molto ricca di vitamina C, ma può essere anche abbinata alla pasta o alla pizza.

La ricetta tradizionale prevede innanzitutto un lavoro attento di capatura, per eliminare la parte dura della pianta e lasciare solo le foglie morbide e le cime. Dopo un’abbondante lavata si lascia sgocciolare la  verdura pulita, mentre in un tegame ampio si soffrigge l’aglio con l’olio e il peperoncino. Una volta imbiondito (non bruciato) l’aglio, si aggiunge la verdura, si sala e si copre con coperchio, per far sì che le foglie si ammorbidiscano.  Si lascia cuocere a fuoco moderato, rigirando spesso la verdura. Si ultima la cottura senza il  coperchio, per far asciugare l’acqua che la verdura elimina man mano che appassisce. Ricordatevi di sentire sempre in ultimo il sale. Io infatti non esagero mai all’inizio della cottura, perché la verdura cuocendo si riduce di dimensione e si potrebbe esagerare nel salare.

I friarielli sono un ottimo contorno per la salsiccia e la carne in generale. Sulla pizza poi… provare per credere. Se volete provarli sulla pizza però, ricordate di asciugare bene la verdura, riponetela sulla pasta da pizza facendone uno strato compatto, poi aggiungete la salsiccia sbriciolata e se vi piace la mozzarella a pezzetti. Ah! Buon appetito.

Qui ci trovate una delle ricette possibili:

La genovese – la ricetta e l’origine del nome

La genovese: inizio della cottura

La genovese: inizio della cottura

Tutti a Napoli conoscono la genovese che, insieme al ragù, è uno dei pilastri della cucina partenopea, malgrado il suo nome faccia intendere ben altro.

Ho fatto un pò di ricerche, anche su vecchi testi, per risalire alle origini del nome della salsa genovese alla napoletana; ma come spesso accade in questi casi, è difficile trovare una sola versione. La più accreditata fonte fa risalire il nome ad alcune osterie insediatesi nell’area del porto di Napoli nel periodo aragonese, gestite da cuochi provenienti da Genova, i quali erano soliti cucinare la carne in un sol pezzo in modo da ricavarne una salsa utile poi per condire la pasta (altre ipotesi le trovate nel link sottostante).

Per la ricetta della genovese, preparatevi a tagliare tante, ma tante cipolle. In genere per un chilo di carne ci vogliono un chilo e mezzo di cipolle, ma c’è anche chi ne mette due. Oltre alla cipolla, si aggiunge una carota e del sedano.
Il tutto poi si insaporisce con pezzetti di salame e prosciutto, la parte finale dei salumi, detto resto di bancone, costano poco, ma danno un gusto particolare alla carne. Pare che proprio questi salumi (insieme al lardo) siano stati aggiunti dai napoletani alla ricetta base dei genovesi.

Con questa salsa a Napoli siamo soliti condire i maccheroni della Zita o i mezzani, ma in mancanza di questi vanno bene anche altre paste corte che tengano la cottura.

L’intera storia della genovese alla napoletana, la ricetta ed altri consigli sulla preparazione li trovate a questa pagina:
La ricetta della genovese

I Monti Lattari

Monti lattari visti da Santa Lucia, Napoli

I Monti Lattari sono ben noti a tutti gli abitanti del Golfo di Napoli perchè completano, insieme alla sagoma del Vesuvio ed al profilo delle isole, la famosa scenografia della baia.

Ma sono ben noti, anche perchè meta di numerose scampagnate del fine settimana. Nei vari borghi nascosti fra le montagne è infatti possibile gustare le specialità locali, prima fra tutte quelle casearie, come il  nome  Lattari lascia ben intendere: proprio fra questi monti hanno origine la mozzarella di Agerola ed il provolone del Monaco DOP.

Maggiori informazioni ed approfondimenti: